2008/06/13

Questione di metodo (Davide contro Golia)

di mother

Steven Jones, nelle sue più recenti conferenze, presenta sempre un'immagine per spiegare come sia diverso il metodo scientifico da quello politico.

Secondo la sua opinione, la Commissione 9/11 e probabilmente anche il NIST sbagliano perché danno per scontato quello che deve essere il risultato finale e traggono di conseguenza i dati per ottenerlo. Al contrario lo scienziato parte dai dati e da questi trae le conclusioni. Sembrerebbe un ottimo esordio ad ogni conferenza per un fisico che si proclama indagatore della verità sugli attentati dell'11 settembre 2001.

Il progresso scientifico è ben più complesso, visto che è diviso fra fisici che hanno scoperto effetti di natura ignota per mezzo di esperimenti innovativi e fisici che hanno dato una spiegazione teorica a tali fenomeni.

La possibilità di utilizzare nuove forze o di utilizzare nuovi concetti permette un miglioramento della tecnica, dei mezzi e della strumentazione. Il miglioramento della tecnica o della strumentazione permette indagini più accurate, un miglioramento della qualità fornita dai laboratori certificatori, un abbassamento dell'errore di misura, il miglioramento della capacità di indagine e di conseguenza una rinnovata possibilità di scoprire nuovi fenomeni sconosciuti.

Nei riguardi degli attentati dell'11 settembre, molte formule (equazioni di equilibrio statico e dinamico delle strutture, comportamento dei materiali, matrici di rigidezza, ecc...) sono già note e non sembra che siano comparsi effetti fisici di natura ignota. Tuttavia quanto si è potuto osservare in questi anni è uno scontro fra dietrologi come Steven Jones, che vantano di utilizzare in modo corretto il metodo scientifico, anche senza citare alcuna legge specifica della materia trattata (leggi di equilibrio strutturale, di resistenza dei materiali, eccetera) ed enti come il NIST, che per studiare il fenomeno del crollo del WTC 1, 2 e 7 hanno eseguito programmi basati sul metodo degli elementi finiti, i quali a grandi linee rappresentano una ricostruzione discretizzata della realtà in cui, sulla base di leggi di equilibrio energetico del fenomeno trattato, si ottengono valutazioni statistiche della soluzione che meglio soddisfa il sistema tarato sui dati rappresentativi dell'evento. Multifisica è il nome di un'elaborazione agli elementi finiti riguardante fenomeni che richiedono lo studio di un sistema di disequazioni rappresentanti un bilancio energetico, ognuna alla base di un differente fenomeno fisico.

E' doveroso far notare che la multifisica non si basa solo sulla semplice sovrapposizione degli effetti dei singoli fenomeni (fenomeno di incendio, fenomeno di urto, fenomeno di frattura fragile, eccetera), poiché in campo non lineare non vale tale principio.

Lo scontro impari, in una mal riuscita rivisitazione del mito di Davide contro Golia, vede da una parte Steven Jones presentarsi con un rapporto di una cinquantina di pagine (articolo: Why Indeed Did the WTC Buildings Completely Collapse?), dall'altra un gigante con più 10.000 pagine di rapporto che descrive per filo e per segno ogni centimetro del WTC, ogni apparato, il comportamento strutturale e al fuoco, il comportamento dei materiali, non senza qualche errore (dal blog di Henry62, UPS all'81° piano del WTC2? Si, il NIST conferma).

Come Davide contro Golia, poi, si cerca di far credere al pubblico che basti un piccolo dettaglio, un sasso lanciato sulla fronte del gigante, per demolire completamente il rapporto del NIST. La realtà forse è ben diversa. Un rapporto di oltre 10.000 pagine richiede anni per la pubblicazione (non senza le pressioni della parte dietrologica con insinuazione di varia natura sui ritardi) e merita contro-trattazioni di pari merito.

Di questo avviso dovrebbe essere Steven Jones, che nel descrivere il metodo scientifico (Dr. Steven E. Jones: Revisiting 9/11/2001 -- Applying the Scientific Method) elenca una serie di regole per ben procedere nell'analisi degli attentati dell'11 settembre 2001:

  1. First we gather observations.
  2. The next step in the scientific method is to formulate a hypothesis to explain the observations which is consistent with the data as much as possible.
  3. The final steps of the scientific method are crucial. The hypothesis is rigorously tested by performing tests and experiments which generate more data. The new observations add to the original observations and the hypothesis may require revision or outright rejection.

Da questo punto di vista possono essere fatte molte considerazioni, togliendosi dalla mente la militanza pro-NIST o pro-Jones. In primo luogo si possono applicare questi concetti tanto al NIST, come fa il professore americano, quanto a Steven Jones stesso. Da ciò risulta evidente che la maggior quantità dei dati è fornita dal rapporto del NIST, anziché da quello di Jones, il quale tra l'altro per lungo tempo si è appoggiato al rapporto FEMA, pubblicazione in altre occasioni contestata dai dietrologi. Non ha nessun senso prendere le osservazioni a caso, senza alcuna strutturazione, senza riferimenti a teorie, leggi fisiche già esistenti e dimostrate, senza una verifica che tali osservazioni non siano frutto di errori (strumentali, accidentali, grossolani).

Il terzo punto richiede un test basato sulle ipotesi formanti la teoria con le osservazioni raccolte, al fine di verificare i risultati ottenuti comparandoli con il caso in grande scala che si vuole studiare. In realtà questo punto necessiterebbe di una definizione del campo, ovvero dell'insieme in cui si sviluppano le relazioni fisiche formato dai dati di condizionamento e dai risultati. In effetti le persone hanno un concetto comune di scala del test, intesa come sola scala geometrica. Tuttavia ciò è sensato soltanto in topografia e nel disegno.

In fisica, il concetto di creazione di un esperimento in scala richiede in primo luogo l'identificazione dei fenomeni fisici che si verificano e in secondo luogo la creazione di un sistema adimensionalizzato che rappresenti il fenomeno fisico indipendentemente dal campo di condizionamento, cioè dall'insieme di valori da cui si traggono i datti per condizionarlo. In questo modo, riducendo le dimensioni geometriche, le proporzioni fisiche, le quantità in gioco, si ottiene un sistema fisicamente equivalente.

Nel caso di soddisfacimento del test, la teoria può essere considerata fondata. Nel caso di non soddisfacimento, deve essere revisionata, magari con l'aggiunta di nuove osservazioni/ipotesi.

E' evidente che i motivi che portano a dover modificare la teoria sono da addursi o ad un errore di metodo scientifico, oppure alla presenza di un fenomeno ignoto del quale non è ancora ben chiaro quale siano i fattori condizionanti o il funzionamento (da ciò deriva la necessità di introdurre nuove osservazioni nella teoria). Questo fatto rappresenta una vera e propria condizione da imporre sulle osservazioni, dalle quali derivare la teoria, al fine di utilizzare quelle necessarie e sufficienti a descrivere il fenomeno.

Ovviamente l'alternativa è una perdita di tempo, perché l'inserimento di osservazioni inutili nella teoria non porta altro che a formulare ipotesi che si allontanano dall'unicità dell'evento che si sta studiando. Quindi l'aspetto più difficile della costruzione di una teoria è quello di verificare e revisionare la teoria, inteso proprio come determinazione delle condizioni che ben identificano il problema, lo descrivono in tutti i suoi punti e permettono di definire ipotesi tali da essere soddisfatte in test di laboratorio.

Va da sé che per uno scienziato poltrone, una teoria può definirsi conclusa quando soddisfa solo le ipotesi/volontà che si è immaginato e non l'intero campo di dati di condizionamento. La verifica dell'esistenza di un insieme di variazioni da applicare al test tale da rendere completamente consolidata la teoria richiede molto tempo e sforzi. Per tale motivo appare più pratico lasciare che siano altri a fare questo lavoro, apportando solo piccole modifiche qualora altri segnalino la presenza di risultati difformi.

An immensely critical step in the scientific method is publishing the results in a peer-reviewed journal. This has long been a part of the modern scientific method ever since the time of Newton. The entire cycle is repeated with others joining in studying the phenomena. After many experiments, a model explaining the body of acquired facts is established. This is what scientists refer to as a theory.

Tutto ciò sembra sconnesso da molte problematiche verificatesi in questi anni. Si può per esempio ricordare lo scontro fra Judy Wood e Steven Jones, che portò alla scissione del movimento Scholars for 911 Truth in due gruppi, con a capo rispettivamente Fetzer e Jones. In quel caso un ricercatore mosse delle obiezioni alla teoria basata sulla termite di Jones e il risultato fu uno scontro a distanza. Ad un certo punto Steven Jones trattò la questione come un attacco ad hominem: What is the goal in the 9/11 Truth Community? Debates, or Justice? e Perception & Propaganda: Misinformation come ricordato nell'articolo del blog Undicisettembre St911 - Scholars for 9/11 Truth.

Let's roll up our sleeves and focus, all of us who agree that the goal is to GET A CRIMINAL INVESTIGATION rather than engaging in endless debates. (fonte)

Insomma, pare che nelle regole del metodo scientifico secondo Steven Jones andasse elencato che il processo di revisione è fondamentale per la teoria, ma soltanto quando lo vuole l'autore della teoria stessa.

Tuttavia questo si scontra anche con le recenti affermazioni del fisico americano, che pone una netta differenza fra il metodo scientifico e quello politico (dalle conclusioni si considerano solo le osservazioni che portano ai risultati voluti).

La situazione diventa un po' più complessa quando sostenitori della medesima teoria e aderenti allo stesso gruppo dietrologico, Scholars for 9/11 Truth & Justice, si riferiscono in modo difforme alle osservazioni utili a descrivere il fenomeno.

Se per esempio prendiamo in considerazione il testo di Tony Szamboti (The Sustainability of the Controlled Demolition Hypothesis for the Destruction of the Twin Towers), vediamo che nello stesso gruppo Scholars for 9/11 Truth & Justice si può affermare l'esistenza di pezzi di acciaio fuso con presenza di zolfo (test FEMA, temperature di circa 600°C per il WTC1-2 e circa 1000°C per il WTC7), quando Steven Jones parla dell'uso della termite per demolire il World Trade Center e negare l'esistenza di pezzi di acciaio fuso o che hanno raggiunto temperature elevate, quando si cerca di criticare il NIST (nel testo di Szamboti si fa riferimento alle sole prove del NIST, in particolar modo a quelle analizzate di cui non si è stimata la posizione nell'edificio, le quali hanno una temperatura al massimo di 600°C, dimenticando le prove della FEMA usate da Jones). Un netto contrasto che andrebbe inserito nel metodo scientifico come quarta regola: a seconda che parli un ricercatore o l'altro, vale un diverso processo di selezione delle fonti/osservazioni.

Che dire, forse si tratta di razzismo scientifico.

Questa non è la sola regola che andrebbe aggiunta. Ben conoscendo la produzione del blog Undicisettembre riguardo alle prove di Steven Jones, si potrebbe aggiungere alle regole suddette questa affermazione: l'impressione data da un'osservazione vale più della verifica dei dati ricavabili dalla stessa.

In effetti c'è un piccolo errore di fondo fra dato ed osservazione. Questi due termini vengono in genere utilizzati indistintamente; tuttavia il dato è una misura, un coefficiente, un valore descrivente una quantità scalare o vettoriale ricavabile dall'osservazione. Per osservazione si dovrebbe intendere una particolare porzione dell'ambiente prima del verificarsi del fenomeno tale da far emergere almeno un dato di condizionamento per l'indagine. Il tutto non può fuggire ad una verifica di idoneità.

Questo aspetto è quello più confuso da Steven Jones. Egli raccoglie alcune osservazioni, ma sembra del tutto incapace di verificare i dati che se ne possono ricavare. Mosso da un puro impressionismo dato dall'osservazione, finisce spesso per utilizzare materiale non verificato nella stesura di ipotesi (non basate su leggi fisiche o teorie di ingegneria strutturale) con cui costruire la sua teoria. Creata la teoria, tende a dimostrare una certa ritrosità alla revisione della stessa, come si è potuto vedere nel rapporto con Judy Wood.

In questo caso gli esempi si sprecano. Si può spaziare dall'uso di immagini ritagliate che mostrano i pompieri inginocchiati su una pozza di metallo fuso (Facciamo il punto sulla termite), al meteorite, presunto blocco di acciaio fuso (Ipse dixit: "un novello Galileo o Lutero"), ai dati evidenti che mostrano come sia improbabile minare edifici di oltre 100 piani in qualche giorno (World Trade Center, 10 settembre 2001), la foto del WTC7 intatto e senza fiamme (sbufalata con tre metodi diversi: WTC7, il mistero della foto senza danni, Determinato l'orario della fotografia misteriosa del WTC7, e Debunking finale dell'immagine del WTC7 intatto), eccetera.

Tutto ciò ricorda un po' le conclusioni a cui è giunto un altro ricercatore sul 9/11, Mark Roberts, che nel sito 911 stories propone una verifica su larga scala delle affermazioni di William Rodriguez, confrontando la testimonianza dell'eroe americano rilasciata in più convegni con i dati disponibili e con le affermazioni di decine d'altri testimoni dimenticati dai dietrologi. Il risultato della verifica lascia perplesso Roberts per la vasta quantità di inesattezze e differenze esistenti fra la testimonianza di Rodriguez rispetto a quelle di altri testimoni, anche considerata la facilità con cui Rodriguez avrebbe potuto documentarsi sulle altre testimonianze.

Quindi non stupisce se ancor oggi si sente parlare di tempo di crollo delle Torri Gemelle, o di edifici che non possono crollare a causa di un incendio, di ordine "pull it", eccetera. Non vale nemmeno la pena far notare che esistono le immagini che mostrano come il WTC7 fosse danneggiato, emettesse enormi quantità di fumo, gli incendi nel WTC1 e 2 lambissero tutto il piano sviluppandosi soprattutto verso l'interno dell'edificio, concentrandosi sul cosiddetto "core". Nella peggiore delle ipotesi si verrebbe additati come agenti CIA o kamikaze di Bush che fanno attacchi ad hominem; nella migliore delle ipotesi si finirebbe per fare un lavoro che Steven Jones o più in generale la dietrologia sembra non voler fare: revisionare le osservazioni.

A tal riguardo appare evidente un altro aspetto. La teoria dietrologica di Steven Jones sopravvive fintanto che appare come indimostrabile. Jones spesso non propone le fonti da cui trae le osservazioni e basa le sue ipotesi. In questo modo chiunque voglia verificare la validità/correttezza delle osservazioni utilizzate dal fisico deve procurarsi il medesimo materiale senza nomi, indirizzi, riferimenti, spesso arrivandoci dopo mesi e mesi di ricerca. Un esempio è il caso del "meteorite", presentato con una foto scannerizzata da una rivista americana ed una tonalità tendente verso il rosso che ingannava sulla vera natura di quanto rappresentato. Inoltre il riferimento preciso sulla provenienza (Hangar 17, museo istituito dalla Port Autority) avrebbe lasciato perplessi sia riguardo alla Port Authority, spesso descritta come facente parte del complotto nelle teorie dietrologiche, sia riguardo ai colori reali del meteorite, in quanto sarebbe stato estremamente semplice verificare la congruità dell'osservazione di Steven Jones e l'uso che ne faceva nella sua teoria dietrologica.

Oppure è il caso della foto del WTC7 illeso, in cui lo stesso fotografo che ha scattato la foto indica come questa sia stata eseguita prima del crollo del WTC1: Debunking finale dell'immagine del WTC7 intatto.

Tuttavia il metodo scientifico alla Steven Jones non prende in considerazione un altro aspetto fondamentale legato ad Internet. Grazie alla velocità di diffusione delle informazioni in internet, nonché allo spammaggio di attivisti dietrologi, una teoria basata su osservazioni non verificate fa la differenza. La critica in questo caso si rivolge verso il modello informativo, molto spesso legato più al sensazionalismo che porta maggiore interesse da parte del pubblico, piuttosto che ad un reale processo di sedimentazione della verità e dei fatti.

Quindi appare evidente la totale differenza esistente fra il metodo scientifico utilizzato dal NIST ed il metodo di Steven Jones, sia per regole elencate dallo stesso professore di fisica, sia per aspetti da lui non considerati.

In conclusione, forse l'errore più grave del professore americano trova le sue radici nella difficoltà di Jones di basarsi sulle leggi fisiche consolidate per descrivere i fenomeni visti il giorno degli attentati: il comportamento del materiale alla frattura fragile, l'instabilità dell'equilibrio, semplici leggi di equilibrio e resistenza, semplici deduzioni logiche. A ciò si aggiunge non solo l'uso di un'esigua quantità di osservazioni e dati disponibili, ma anche l'estrapolazione di dati erronei e fuorvianti dalle osservazioni considerate.

Unico pregio del metodo dietrologico utilizzato dal professore americano è la capacità di fornire esperimenti ed esempi facili da intuire, anche se magari malcondizionati o inutili, data la mancanza di un riferimento quantitativo e qualitativo strumentale con gli eventi del 9/11/2001, attorniati da una sana dose di sensazionalismo.

2 commenti:

Thomas Morton ha detto...

Un po' impegnativo, ma molto interessante.

Anonimo ha detto...

Cos'hanno in comune: Giulietto Chiesa, Griffin, Jones, Gage, Thierry Meyssan, Dario Fo, ecc...?
Sono tutti degli ottimi politici. Riescono a raccontare una gran varietà di cose non vere, di bufale e di promesse riuscendo sempre a farsi credere da un nutrito gruppo di sostenitori.

<(^_^)>