2007/09/21

Che cosa siamo diventati, e come eravamo?


di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato ampliato dopo la pubblicazione iniziale. Foto di Dean Shaddock, pubblicata dall'autore con licenza Creative Commons.

C'è una parte della nostra ricerca sull'11/9 che ora, con l'esaurimento per autocombustione del complottismo, sarà finalmente possibile approfondire e pubblicare: la discussione della reale efficacia delle misure di sicurezza post-attentati e il loro confronto con quelle pre-9/11.

Per esempio, l'esperto di sicurezza Bruce Schneier ha pubblicato una serie di interviste senza peli sulla lingua a Kip Hawley, capo della Transportation Security Administration (TSA), uno dei massimi responsabili della sicurezza statunitense, che rivelano molti aspetti malati e molte assurdità e incongruenze delle passate e attuali soluzioni. Se di soluzioni si può parlare. Spero di poterle pubblicare qui, tradotte, non appena ottenuto il permesso.

Questa foto di Dean Shaddock, scattata all'aeroporto di Detroit, è incredibilmente emblematica della situazione alle quali si è arrivati in nome di una politica di sicurezza che per molti versi è puramente illusoria e indiscutibilmente vessatoria, frutto in gran parte di una political correctness portata al paradosso, forse per mancanza di coraggio nel prendere decisioni difficili ma concrete, di cui noi tutti paghiamo il prezzo.

Un aspetto poco conosciuto della sicurezza dei voli statunitensi pre-11/9, per esempio, è che i coltelli con lame di lunghezza fino a 4 pollici (10 cm) erano esplicitamente permessi in cabina passeggeri dalle norme FAA.
Per determinare quali oggetti non dovessero essere ammessi nella cabina di un velicolo venivano usate le linee-guida FAA. E sottolineo ancora che questo è il sistema che era in funzione all'11/9, non il sistema in funzione oggi. L'elenco degli oggetti non ammessi in cabina includeva coltelli con lame lunghe 10 centimetri e oltre e/o i coltelli considerati illegali dalle leggi locali, nonché lacrimogeni, spray irritanti e sostanze chimiche analoghe. [...] Lacrimogeni, irritanti e simili erano classificati dalla guida operativa come sostanze pericolose e ai passeggeri non era permesso portare a bordo oggetti di questa categoria senza il premesso esplicito della compagnia aerea. Per contro, i coltellini multiuso, definiti come aventi lame lunghe meno di 10 centimetri, erano esplicitamente ammessi a bordo. [...]

FAA guidelines were used to determine what objects should not be allowed into the cabin of an aircraft. And I stress again that this is the system that was in place on 9/11, not the system that is in place today. Included in the listing of items not allowed into the cabin of an aircraft were knives with blades four inches long or longer and/or knives considered illegal by local law as well as tear gas, mace and similar chemicals. [...] Mace, pepper spray and tear gas were categorized in the operations guide as hazardous materials and passengers were not allowed to take items in this category onto an airplane without the express permission of the airline. On the other hand, pocket utility knives which were defined as those with less than a 4-inch blade were expressly allowed onto the aircraft. [...]

Al punto di controllo (checkpoint), i metal detector erano calibrati per rilevare armi da fuoco e coltelli di grandi dimensioni. I bagagli portati in cabina venivano esaminati usando macchine a raggi X certificate dal governo capaci di mostrare le forme degli oggetti ed aventi un particolare livello di sensibilità. Nella maggior parte dei casi, queste operazioni di controllo erano svolte da società di sicurezza operanti sotto contratto con la compagnia aerea responsabile.

Nel 2001, ogni fiducia che il sistema di controllo ai checkpoint funzionasse efficacemente era stata smentita da numerosi studi pubblicizzati svolti dal General Accounting Office, dal Department of Transportation e dall'Office of the Inspector General. Nell'arco dei venti anni precedenti, avevano documentato ripetutamente le gravi vulnerabilità croniche dei sistemi adottati per controllare i passeggeri e i bagagli contro la presenza di armi o bombe. Le carenze del sistema di controllo erano state inoltre identificate internamente dal processo di autovalutazione della FAA.

Nonostante queste inadeguatezze documentate del sistema di controlli, il fatto che per oltre un decennio non si fosse verificato sul territorio nazionale alcun dirottamento o attentato con bombe era interpretato da molti, all'interno del sistema, come conferma che il sistema funzionava.

At the checkpoint, metal detectors were calibrated to detect guns and large knives. Government-certified X-ray machines capable of imaging the shapes of items, possessing a particular level of acuity were used to screen carry-on items. In most instances, these screening operations were conducted by security companies under contract with the responsible air carrier.

As of 2001, any confidence that checkpoint screening was operating effectively was belied by numerous publicized studies by the General Accounting Office, the Department of Transportation, the Office of the Inspector General. Over the previous 20 years, they had documented repeatedly serious chronic weaknesses in the systems deployed to screen passengers and baggage for weapons and bombs. Shortcomings with the screening process had also been identified internally by the FAA's own assessment process.

Despite these documented shortcomings of the screening system, the fact that neither a hijacking nor a bombing had occurred domestically in over a decade was perceived by many within the system as confirmation that it was working.

(fonte: udienza Commissione 11/9 del 27 gennaio 2004)
Fatti come questi, che posso confermare per esperienza personale, oggi ci possono sembrare inauditi, ma erano la realtà dell'aviazione civile pre-11/9 negli Stati Uniti. Non conoscere questi aspetti porta inevitabilmente ad avere una percezione falsata degli eventi e fa sembrare irreale la loro ricostruzione.

21 commenti:

utah ha detto...

ciao paolo
non voglio andare o.t. ma ci tenevo a dirti che non sei l'unico ad essere stato trattato in maniera vergognosa da luogocomune.
Torno proprio da lì (e non ci metterò più piede) dove un mio post che si lamentava del vostro bannaggio è stato cancellato senza pieta. Ora io non voglio fare attacchi personali e mettermi a loro livello ma questo è un vero e proprio imbavagliamento dei dissidenti...come nei regimi

buonanotte

p.s. sono qui per restare

Paolo Attivissimo ha detto...

Ben arrivato, Utah! Ho saputo della tua vicenda e mi dispiace: spero che qui ti troverai meglio.

albilevi ha detto...

Vivo in Israele, quindi qualcosa di sicurezza ne so. I capi terroristi sono generalmente dei codardi e colpiscono dove e' piu' facile colpire. Dove c'e' una grande sorveglianza non ci provano nemmeno a colpire, anche perche' gran parte della loro battaglia viene combattuta sui giornali, sia quelli locali, che quelli occidentali. E non vogliono ridicolizzarsi sui giornali che li ospitano, giustificandoli (parlo di quasi tutti i giornali italiani, purtroppo, rispetto ai brutali terroristi anti-israeliani, chiamati in Italia "militanti"...). Nel campo della sicurezza c'e' chi controlla mostrandosi al pubblico con un distintivo, che puo' essere una divisa di una guardia per esempio, e chi controlla in borghese.
Purtroppo occorre anche controllare le signore vestite da suore. Quando vedono tali controlli i terroristi ci pensano due volte prima di provarci. Quelli che ci provano infatti vengono generalmente catturati in tempo. I terroristi colpiscono dove e' piu' facile farlo : in quei posti dove la sicurezza non c'e' o e' minore. Negli anni bui del terrorismo sfrenato, tra il 2000 e il 2004, quando cioe' abbiamo eretto la barriera di sicurezza, proposta per prima dal laburista pacifista Haim Ramon, era piu' sicuro passeggiare lontano dagli affollamenti di persone, che in mezzo alla folla. Un israeliano pero' deve stare attento a passeggiare da solo persino nella natura, perche' anche li' potrebbe essere assassinato da un islamico credente nella Jihad.

Carlo Sanga ha detto...

A proposito di questo post: la mia personale opinione è che un rifocalizzazione di Undicisettembre su tematiche politiche, giuridiche e sociali sarebbe un errore. Non vi vedo bene discutere di questioni del tipo: "jihadismo e neo-imperialismo fondamentalista" o "successi e fallimenti della guerra al terrorismo" o "il Patriot Act ha limitato le libertà dei cittadini?". Non vi vedo bene non perché ritenga che non sareste in grado di farlo, ma perché in rete non si fa altro che discutere (bene, discretamente, male e quasi sempre malissimo) di temi del genere. Io temo che se Undicisettembre si dedicasse ad esaminare e discutere questi temi si aprirebbero le cateratte di una polemica ancora più ampia di quella di cui siamo stati testimoni su queste pagine. Allora, altro che commenti o non commenti, bannare o non bannare. Dovreste avere giornate di 48 ore per stare dietro a tutte le colossali fesserie che verrebbero scritte nei commenti. Comunque, se doveste decidere di procedere in quella direzione, vi auguro la migliore fortuna!

Paolo Attivissimo ha detto...

Forse l'emozione che mi ha suscitato quella foto mi ha reso troppo ermetico.

Niente paura, non c'è nessun mio/nostro desiderio desiderio di buttarsi nelle sabbie mobili inconcludenti della politica o della retorica.

Ci sono però delle considerazioni tecniche, di security, riguardanti l'11/9, che sono mutuate direttamente dalla sicurezza informatica (della quale mi occupo da anni) e che senza fare polemica possono gettare luce su come sia stato possibile l'11/9: cosa che molti, senza essere complottisti, trovano incredibile.

Se non si conoscono le lacune di security pre-9/11 del sistema burocratico e dei trasporti USA, è facile condividere quest'incredulità.

Da queste considerazioni nascono anche riflessioni tecniche sulle attuali politiche (nel senso di "policy") di sicurezza che credo siano interessanti, sia perché ci toccano quasi quotidianamente (io stesso ho dovuto praticamente smettere di volare), sia perché gettano luce sul modus operandi di terrorismo e antiterrorismo.

Capire questo MO può essere utile sia per capire il passato, sia per gestire meglio il presente a livello individuale.

Henry62 ha detto...

Tranquillo Carlo Sanga,
personalmente non mi passa nemmeno nell'anticamera del cervello di parlare di politica o, peggio che mai, di geopolitica.

La forza di Undicisettembre è che prescinde dalle idee di ognuno, per portare a fattor comune il positivo contributo fattivo che ognuno può dare alla ricerca nell'ambito delle proprie competenze.

Il discorso della sicurezza è importante, sia per capire come fu possibile non valutare correttamente gli indizi raccolti dall'intelligence americana prima del 9/11, che per capire cosa è cambiato in questo settore dopo l'attacco di sei anni fa.

E' uno dei settori in cui si deve articolare la ricerca.

Ciao

Carlo Sanga ha detto...

Grazie henry62 e Paolo per le precisazioni. Credo che il percorso indicato da voi sia quello corretto.

brain_use ha detto...

Beh, diciamo che l'aspetto security, per quanto quasi sempre passi in secondo piano, è sicuramente quello che più ha risentito dell'11/9.

Il mondo, in questo senso, è effettivamente cambiato.
Il volo è cambiato, internet è cambiata.
Ma più di tutto, imho, è andata completamente perduto uno dei fondamenti della vita sociale.
Mi riferisco a quella percezione di tranquillità e a quella fiducia nel prossimo che è la base stessa del vivere sociale.
Come ci si può accostare a una metropolitana, se si teme che il nostro vicino ci butti sui binari mentre arriva il treno?
Come si può salire su un aereo se si teme che il nostro vicino intenda farlo schiantare su un grattacielo?

Ciò inoltre introduce un ulteriore paradosso: se, l'11/9 gli attentatori hanno potuto arrivare a far schiantare gli aerei sulle torri e sul pentagono è anche grazie a quella fiducia che, comunque, i passeggeri nutrivano nelle loro rassicurazioni e nelle loro presunte intenzioni.
Chi si sarebbe aspettato un esito finale di quella portata?
E infatti i passeggeri del volo United93, gli unici che ebbero la possibilità di capire cosa li attendeva al termine del dirottamento, agirono di conseguenza.

Per assurdo, oggi, l'11/9 sarebbe sventato dai passeggeri stessi.
Chi, di fronte alla certezza della morte in attesa, non si getterebbe addosso al dirottatore di turno?

Per assurdo, insomma, l'11/9 ha avuto anche l'effetto di impedire ai dirottatori del futuro ogni chance di successo.
Volessero anche solo atterrare a Malpensa invece che Orio al Serio...

Henry62 ha detto...

Condivido l'ultimo post e aggiungerei un'altra considerazione: nessuno è più disposto a fare sconti ai terroristi.

Credo che oggi più che mai ci sia la convinzione di agire con estremi rimedi contro chiunque si possa solo pensare che stia tentando di organizzare un nuovo 11 settembre.

Questo è grave, molto grave, perchè può essere oggetto di manipolazione da parte di chi non esita a perpetrare il male per i propri interessi.

Anche questo, purtroppo, è un effetto dell'11 settembre e anche per questo motivo la ricerca deve essere svolta con metodo scientifico e non deve in messun modo essere viziata da partigianeria.

Ciao

mother ha detto...

Uff, qui paghiamo un po' la struttura a blog anzichè a forum con la possibilità di scrivere dei PM.
Volevo fare una domanda ad Albilevi, ma va contro quanto detto Carlo Sanga.

Pari e patta...fa niente.

John ha detto...

Mother, puoi invitare Albilevi sul forum di Crono911 e usare gli mp di lì.

Carlo Sanga ha detto...

brain_use:
Un evento terroristico è il risultato di una serie di "fasi" organizzative molto precise. Il successo "finale" dipende dalla professionalità con cui tutte quelle fasi sono realizzate. Anche le organizzazioni terroristiche comprese quelle "loose" come l'internazionale jihadista, sono caratterizzate da una curva di apprendimento e da rapidi processi di adattamento.
Puoi trovare chiare spiegazioni delle fasi a cui mi riferisco in questo luogo:
www.stratfor.com (devi fare una ricerca all'interno dell'archivio dei free reports e briefings).

Carlo Sanga ha detto...

brain_use:
Scusa, ho scordato questo: la frase di ricerca che devi utilizzare nel sito che ti ho indicato è la seguente "terrorist attack cycle".

brain_use ha detto...

"terrorist attack cycle".

Perfettamente d'accordo.
Non è quello che intendevo dire, però.
Io limitavo l'osservazioen alle modalità operative adottate per l'11/9: dirottamento di aerei da dirigere su obiettivi di terra.
Che credo si possano ritenere ormai non ripetibili.
Proprio perchè, al di là delle possibili reazioni del sistema di difesa aerea, sono le reazioni dei passeggeri dirottati che sarebbero ben diverse: allora ci si aspettava di atterrare, magari non dove previsto, magari con ore di tensione e paura. Ma l'aspettativa del passeggero era comunque quella di riuscire a sopravvivere. Oggi, non sarebbe più così.

Dan ha detto...

Tra l'altro, vorrei far notare come tale voglia di non fare più sconti, di agire con estremi rimedi, cambio dell'esito atteso dalle varie azioni terroristiche, perdita cronica di fiducia, siano poi state usate proficuamente per spingere l'intervento in Iraq e cose come il Patriot Act.
Giusto per riallacciarsi all'intervento di henry sulla manipolazione per i propri interessi...

Carlo Sanga ha detto...

Dan:
Cosa significa questa frase:
"cambio dell'esito atteso dalle varie azioni terroristiche".
Non riesco a capire.

brain_use ha detto...

Presumo si riferisca a quanto scrivevo io.
Una volta, in presenza di un dirottatore ti aspettavi:
- una sicura gran perdita di tempo
- una certa percentuale di rischio per la tua sopravvivenza
Oggi ti aspetti un quasi certo esito infausto.
In questo senso è cambiata la percezione delle azioni del dirottatore di turno.
Ma il ragionamento si potrebbe riproporre per altre situazioni: oggi la gente si innervosisce anche solo trovandosi un musulmano in metro...
Che dimostra, come sempre, che col terrore non si ottengono mai risultati positivi.

John ha detto...

Io limitavo l'osservazioen alle modalità operative adottate per l'11/9: dirottamento di aerei da dirigere su obiettivi di terra.

E io anche a quello mi riferivo.

Quei dirottamenti sono stati l'ultima sortita, riuscita, di chissà quanti tentativi dei quali conosciamo solo una parte.

Ad esempio, l'operazione Bojinka prevedeva cose simili (molti aerei da dirottare o far esplodere, uno da far schiantare, tutto in contemporanea) ma fallì.

L'attentato del 1993 prevedeva effetti simili, ma fallì.

L'FBI era allertata su due utilizzi terroristici degli aerei: aerei di piccole-medie dimensioni carichi di esplosivo, e aerei agricoli carichi di composti chimici (pesticidi ecc...) da diffondere su aree molto popolate (lo stesso Atta studiò questa possibilità, assieme al piano poi messo in atto).

Non sappiamo se attentati simili (con piccoli aerei, con aerei agricoli) siano stati progettati o tentati e siano falliti.

Non sappiamo se altri aspiranti piloti siano stati rimandati a casa prima che il gruppo di Atta riuscisse a portare a termine i corsi di volo, ad esempio.
Non sappiamo quanti visti siano stati respinti, prima che i terroristi capissero che conveniva usare il programma Visa Express.

Aerei l'11 settembre, bombe sui bus e in metro a Londra, bombe sui treni in Francia e in India, bombe contro gli alberghi in Africa...

il terrorismo prova cento cose diverse, cento sistemi per penetrare la sicurezza, solo alcuni di essi funzionano, ma sono quelli che fanno più notizia.

Adesso i dirottamenti in stile 11 settembre sono molto più improbabili, ma può essere che i terroristi non ci pensino nemmeno più e in questo momento ce ne sono una decina che stanno imparando a guidare un'autobotte carica di carburante per farne saltare 10 tutte assieme in una galleria molto trafficata.
O magari ce n'è qualcuno che si sta addestrando per diventare un vero pilota di linea, così un domani non dovrà dirottare nulla perchè si troverà già seduto ai comandi.

A furia di provare e riprovare, qualche cosa prima o poi finisce per riuscire.

La guardia va tenuta alta, purtroppo. L'importante è non illudersi che questo basti.
Il problema terrorismo deve trovare una soluzione politica e diplomatica prima ancora che di sicurezza o militare.

;-)

Carlo Sanga ha detto...

John:
Il terrorismo non esiste, esistono i terrorismi ovvero le specificità ideologico-politiche, storiche, economiche e sociali da cui emergono e di cui sono espressione i movimenti terroristici (con ovvii effetti sociali e politici retroattivi). Il terrorismo è come la bomba atomica, una volta inventata non si può "disinventare". Detto questo, ciò che dici riguardo le "soluzioni" politiche e diplomatiche in vece o insieme a quelle militari e di sicurezza sono sì valide ma questa validità, purtroppo, è viziata da una notevole genericità, proprio per le ragioni che ho esposto dinanzi. Mi piacerebbe proprio sapere quale potrebbe essere la soluzione diplomatica e politica per porre fine al al revanchismo neo-imperialista del jihadismo. La mia personale opinione è che con queste forme di terrorismo si possa agire con una finalità di damage limitation e containment, ma non mi illuderei circa le chances di pacificazione a breve e medio termine.

John ha detto...

Bisogna considerare alcuni aspetti, Carlo.

E' vero: nulla potrà mai impedire che qualcuno salga su un autobus e si faccia saltare per aria.
Ciò nonostante, è indubbio che una risoluzione condivisa della questione palestinese probabilmente otterrebbe questo risultato, nel contesto Israele-Libano (risultato che, al momento, sembra essere stato comunque ottenuto dal famigerato muro).

Ma non è a questo tipo di terrorismo relativamente spicciolo che mi riferivo.

Se guardiamo agli attentati grossi, come quelli dell'11 settembre, ci sono degli elementi che differiscono dai soliti attentati da quattro soldi.

Sono proprio i quattro soldi, che diventano ben più di quattro.

Studiando la questione ormai da parecchio tempo, ed essendomi interessato moltissimo all'aspetto intelligence e a quello della pianificazione operativa degli attentati, ho concluso che la disponibilità di risorse finanziarie e logistiche è stato l'elemento chiave del loro successo.

In questo tipo di attentati abbiamo gente che ha speso centinaia di migliaia di dollari per viaggiare, dormire, mangiare, frequentare scuole di volo ecc...

I connessi movimenti finanziari sono avvenuti in relativa tranquillità perchè certi personaggi hanno goduto dell'indifferenza (non voglio dire complicità) di alcuni paesi, come l'Arabia Saudita, il Pakistan ecc...

Allo stesso modo, i terroristi hanno potuto usufruire indisturbati delle strutture logistiche messe a loro disposizione dall'Afghanistan e prima ancora dal Sudan.

La diplomazia e la politica possono costringere o indurre tutti gli Stati a impegnarsi attivamente nell'ostacolare le attività terroristiche che si sviluppano sul proprio territorio, nel rendere difficoltosi i movimenti dei terroristi attraverso i propri territori, nel monitorare o bloccare le attività finanziarie sospette attraverso le proprie banche.

Molti paesi hanno tollerato Bin Laden sperando che tanto bastasse per tenerselo buono ed evitare così problemi sul proprio territorio.

La Jihad vive e cresce perchè incanalare le sofferenze sociali di larghi strati della popolazione contro gli occidentali infedeli o contro gli israeliani è un buon sistema per evitare altri tipi di problemi.

La politica internazionale e la diplomazia hanno ampi spazi di intervento nella misura in cui convincono anche questi paesi a contribuire nella lotta al terrorismo e a varare programmi che alleggeriscano le tensioni sociali al loro interno.

Faccio un esempio apparentemente astruso.
Dopo l'11 settembre, la repulsione americana per il terrorismo è stata tale che le lobby irlandesi in USA non sono più state in condizione (o nella volontà) di continuare a foraggiare l'IRA.
E oggi l'IRA non è più un gruppo armato e l'Inghilterra e l'Irlanda del Nord non sono più teatro di sanguinosi attentati.
A modo suo, è stata una soluzione politica di un conflitto che andava avanti da decenni.

La risoluzione della questione palestinese/libanese e di quella dell'appoggio di cui i grandi gruppi terroristici godono da parte di determinati stati e/o lobbies, possono introdurre una serie di filtri che renderebbero molto più difficile organizzare nuovi, grossi attentati.

Non so se sono riuscito a spiegarmi adeguatamente.

Carlo Sanga ha detto...

John:
Chiaro e naturalmente non è possibile non essere d'accordo. Alla base del mio precedente commento vi è la mia perplessità riguardo la cosiddetta "soluzione politico-sociale" nei confronti di alcune manifestazioni del terrorismo internazionale. Credo tu possa essere d'accordo con me che quando si legge di "vie" diplomatiche e altro non si intende ciò che tu hai brevemente esemplificato, ma qualcosa di ben diverso, qualcosa che è molto simile al "giving in" politico ai movimenti e organizzazioni che utilizzano il terrorismo come mezzo politico. In alcuni casi può funzionare - con risultati misti - in altri non ha funzionato né, credo, potrà mai funzionare se non altro perché la sociologia alla base di questa idea è errata.