2007/01/29

Il PNAC e la "nuova Pearl Harbor"

di Paolo Attivissimo

"Il processo di trasformazione, anche se porta cambiamenti rivoluzionari, sarà probabilmente lungo, a meno che vi sia un evento catastrofico e catalizzante, come una nuova Pearl Harbor.”

Queste parole furono scritte nel settembre del 2000 in un documento programmatico del comitato politico conservatore PNAC (Project for a New American Century, letteralmente "Progetto per un nuovo secolo americano"), nel quale militavano nomi che sarebbero diventati elementi di spicco nel governo Bush Jr., come Dick Cheney, Paul Wolfowitz e Donald Rumsfeld. Sono la prova lampante che i neocon perlomeno auspicavano l'11 settembre, e magari l'hanno anche provocato per scatenare una rivoluzione. Almeno questo è quello che dicono i complottisti.

Lo suggerisce, per esempio, questa pagina di Luogocomune.net, che fa il paio con questa di Megachip.info (il sito dell'associazione di Giulietto Chiesa), dalla quale cito questa frase:

Nel loro documento scritto nel settembre del 2000 un anno prima dell'11/9, ammettono che il processo per cambiare anche se porta cambiamenti radicali, è sempre molto lungo. “A meno che” queste le loro agghiaccianti parole, “non ci sia un altro evento catastrofico e catalizzante come Pearl Harbour.” Un anno dopo quell'evento arrivò.

Anche Franco Cardini, membro dell'entourage di Chiesa, ha citato questa frase del PNAC a Matrix il 2/6/2006, e lo ha fatto anche il film-culto del complottismo, Loose Change, interpretandola sempre come la dimostrazione inequivocabile che i neocon volevano un pretesto per accelerare il loro diabolico piano di dominio planetario e quindi hanno inscenato o consentito gli attentati dell'11 settembre 2001 per ottenere l'appoggio del popolo americano e del mondo occidentale. Il PNAC è insomma un tormentone dei complottisti.

Ma andiamo a ripescare la frase originale e il contesto del documento dal quale è tratta. Ecco la frase in inglese, così come sta scritta nel documento Rebuilding America's Defenses: Strategies, Forces, and Resources For A New Century ("Ricostruzione delle difese americane: strategie, forze e risorse per un nuovo secolo") che è tuttora disponibile qui sul sito del PNAC.

"Further, the process of transformation, even if it brings revolutionary change, is likely to be a long one, absent some catastrophic and catalyzing event — like a new Pearl Harbor."

La frase si trova a pagina 51 delle 90 che compongono il documento, in un capitolo che parla di nuove tecnologie militari, non di strategie geopolitiche. Leggendo la frase nel suo contesto, risulta chiaro che la "trasformazione" alla quale si riferisce è l'ammodernamento delle risorse militari, soprattutto quelle informatiche. Ecco come comincia il capitolo (le evidenziazioni sono mie):

"Per mantenere la preminenza militare americana nei prossimi decenni, il Dipartimento della Difesa deve agire in modo più risoluto per sperimentare nuove tecnologie e nuovi concetti operativi e cercare di sfruttare la rivoluzione emergente nelle questioni militari. Le tecnologie informatiche, in particolare, stanno diventando elementi maggiormente prevalenti e significativi dei sistemi militari moderni. Queste tecnologie informatiche stanno avendo sulle questioni militari lo stesso tipo di effetti di trasformazione che stanno avendo nel mondo in generale." (p. 50, inizio del capitolo).

Il testo prosegue elencando ripetutamente gli aspetti di questa trasformazione tecnologica:

"... il Pentagono, vincolato da budget limitati e missioni urgenti in corso, negli ultimi anni ha visto assottigliarsi i fondi per la sperimentazione e la trasformazione... Qualsiasi sforzo serio di trasformazione deve avere luogo nell'ambito più vasto della strategia di sicurezza nazionale, delle missioni militari e degli stanziamenti per la difesa. Gli Stati Uniti non possono semplicemente dichiarare una 'pausa strategica' mentre sperimentano nuove tecnologie e nuovi concetti operativi, e non possono scegliere una strategia di trasformazione che separi gli interessi americani e quelli degli alleati..."

E qui arriva la frase incriminata:

"Inoltre, il processo di trasformazione, anche se porta cambiamenti rivoluzionari, sarà probabilmente lungo, a meno che vi sia un evento catastrofico e catalizzante, come una nuova Pearl Harbor. Saranno la politica interna e industriale a determinare il ritmo e il contenuto della trasformazione tanto quanto i requisiti delle missioni correnti. Decidere di sospendere o terminare la produzione di portaerei, come consigliato da questo rapporto e giustificato dai chiari orientamenti della tecnologia militare, causerà grandi sconvolgimenti. Parimenti, i sistemi che entrano oggi in produzione (per esempio il caccia F-22) resteranno in inventario attivo per decenni... La spesa collegata ad alcuni dei programmi può convertirli in ostacoli per il processo più ampio di trasformazione: il programma per il Joint Strike Fighter, con un totale di circa 200 miliardi di dollari, sembra un investimento poco accorto. Pertanto, questo rapporto consiglia un processo di cambiamento in due fasi, transizione e trasformazione, nei prossimi decenni."

Mi fermo qui, perché la solfa si fa un po' ripetitiva: il resto del documento prosegue con una litania di nuove armi e nuove tecnologie informatiche per il campo di battaglia del futuro, citando nuovamente l'esempio di Pearl Harbor a pagina 67 in modo ancora più chiaro:

"Senza un programma rigoroso di sperimentazione che indaghi sulla natura della rivoluzione in materia militare per quanto riguarda la guerra navale, la Marina potrebbe rischiare di affrontare una futura Pearl Harbor: trovarsi impreparata per la guerra nell'era post-portaerei come lo fu agli albori dell'era delle portaerei."

Ormai dovrebbe essere chiaro il concetto: i cambiamenti sono "rivoluzionari" in senso tecnico, non politico. Nessuna rivoluzione o colpo di stato, ma un'innovazione radicale delle tecnologie militari. E la "nuova Pearl Harbor" è una situazione di inadeguatezza militare che, come la Pearl Harbor originale, darebbe una giustificazione lampante per un aggiornamento tecnologico più spedito. Ma gli attentati dell'11 settembre, essendo "a bassa tecnologia", non hanno comportato alcun ammodernamento tecnologico militare significativo (a parte dotare il controllo del traffico aereo e il NORAD di radar e sistemi di coordinamento meno fatiscenti).

In altre parole, il documento del PNAC dice che le forze militari devono ammodernarsi, e se non capita qualche evento drammatico che renda palese la loro inadeguatezza e induca i politici a darsi una mossa, l'ammodernamento procederà a rilento, e questo non è un bene. Tutto qui.

Ancora una volta, dunque, i complottisti vengono colti a praticare uno dei propri passatempi preferiti, il quote mining: la selezione maliziosa e arbitraria di dichiarazioni rimosse dal proprio contesto e tagliate e ricucite per confezionarne una falsa prova delle loro traballanti teorie.

I casi sono due: o i complottisti non hanno mai letto il documento del PNAC e quindi non sanno di cosa stanno parlando, oppure l'hanno letto e ne hanno intenzionalmente travisato il senso. Comunque sia, la figura che fanno non è certo quella dei "ricercatori della Verità".

Fra l'altro, lungi dall'essere l'imprendibile ed eterna fortezza del pensiero neocon che teorizzano i complottisti, il PNAC è ridotto agli stenti: il suo sito langue senza aggiornamenti dal dicembre del 2005, le sue caselle di e-mail sono inaccessibili e il motore di ricerca interno è in tilt, come notano Wikipedia. a marzo 2006 e la BBC a dicembre 2006. Quest'ultima, in particolare, titola senza mezzi termini "End of the neo-con dream", ossia "Fine del sogno neocon". E Donald Rumsfeld è stato silurato.

Loro hanno finito di sognare. Chissà quando si sveglieranno, invece, i complottisti.

2007/01/27

Giulietto Chiesa vuole riaprire le indagini: siamo d'accordo

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Una notizia AP riportata da Tendenzeonline.info segnala che Giulietto Chiesa vuole far riaprire la commissione d'inchiesta sull'11 settembre. Lo dichiara in occasione del lancio di Zero, un ennesimo "film-inchiesta" sull'argomento, diretto da Franco Fracassi e ideato anche da Chiesa stesso.

Sono perfettamente d'accordo con Chiesa: riapriamola. A chi la si possa far fare non lo so, visto che sono già state fatte un'inchiesta giudiziaria, una governativa, e almeno cinque tecniche (degli enti FAA, NTSB, FEMA, ASCE e NIST), per tacere di quelle giornalistiche, e non sarà facile trovare qualcuno che non sia inviso ai complottisti.

Ma riapriamola, perché è il modo migliore per spazzare via una volta per tutte le stupidaggini disseminate sull'argomento.

C'è chi, per esempio, va in giro a dire che un gigantesco bombardiere nucleare B-52 da 200 tonnellate colpì l'Empire State Building e che quindi le Torri Gemelle non potevano crollare per l'impatto di un Boeing 767. In realtà era un modestissimo B-25, lento bimotore a elica, peso medio dieci tonnellate. Lo dissero quei pasticcioni di Loose Change, ammettendo poi l'errore; lo disse Maurizio Blondet in un suo articolo; e lo disse, con parole che escludono ogni possibile lapsus ("Sì, il B-52 è molto più g... è l'aereo più grande che ci sia"), anche Franco Fracassi a Matrix il 31/5/2005, senza mai correggersi.

C'è chi, per esempio, scrive al Corriere della Sera dicendo che il libro-inchiesta giornalistico (non governativo, si noti) di Popular Mechanics, che smonta le teorie di complotto ricorrendo ad esperti indipendenti e che sarà presto disponibile in edizione integrale italiana, è assolutamente inaffidabile perché macchiato dal nepotismo: l'inchiesta sarebbe stata "redatta, utilizzando testimoni 'compiacenti', da Benjamin Chertoff, nipote venticinquenne di quel Michael Chertoff, da Bush nominato a capo del Dipartimento 'Homeland Security'" (Corriere della Sera, 17 ottobre 2006, consultabile nella scansione in cima a quest'articolo).

Solo che Benjamin Chertoff non è nipote di Michael Chertoff. Neppure i suoi accusatori dicono che è nipote. Dicono che è forse suo lontano cugino, non nipote, e lo dicono partendo da una singola fonte (Christopher Bollyn) già colta a manipolare i dati sismografici del WTC per adattarli alle proprie tesi.

Inoltre Benjamin Chertoff non fu redattore unico dell'inchiesta, ma soltanto uno dei suoi tantissimi collaboratori: semplicemente, sfiga vuole che abbia lo stesso cognome di un pezzo grosso del governo USA. Tutta la faccenda è insomma una bufala al pari di quella che vorrebbe la famiglia di Cogne parente di Prodi, soltanto perché hanno in comune il cognome Franzoni (è questo il cognome da nubile della signora Prodi).

Riapriamo dunque la Commissione d'inchiesta, così chi ha detto questa stupidaggine dovrà chiedere scusa. Chi l'ha detta? Giulietto Chiesa, insieme a Franco Cardini, come si può vedere nella scansione dell'articolo qui sopra.

Mettiamo una cosa in chiaro. La riapertura di una commissione non spaventa chi si basa sui fatti; è un problema, semmai, per tutti coloro che spacciano per fatti quelle che in realtà sono congetture e dicerie maldestramente ricopiate e stiracchiate per adattarle ai propri preconcetti. Ben venga, quindi, una nuova indagine. Preferibilmente con potere d'imporre la mordacchia a chi viene colto a dire bugie sapendo di mentire.

In questo senso desta perplessità la scelta di Chiesa di fare un film-inchiesta basato su una colletta popolare anziché adire vie più istituzionali e autorevoli. Lui che è europarlamentare, con accesso privilegiato ai luoghi dove si decide il futuro di noi semplici cittadini, lui che è persino "membro della commissione d'inchiesta del Parlamento Europeo sui voli della CIA e i carceri segreti" (sua dichiarazione a Matrix del 24/5/2006), perché non mobilita appunto l'Europarlamento o il governo italiano, invece di cercare di piazzare un film nei cinema usando oltretutto i soldi degli altri?

Dopotutto il Parlamento europeo avrebbe delle ottime ragioni per indagare. Nella tragedia dell'11 settembre ci sono molte vittime europee, e se per caso le ipotesi di complotto fossero fondate, ci sarebbero ripercussioni inimmaginabili sui rapporti fra Europa e Stati Uniti. Non sono, insomma, quisquilie da affrontare con un documentarietto condito da inserti a cartoni animati, le cui anteprime indicano un livello di rigore investigativo che fa di Zero un titolo quanto mai azzeccato.

2007/01/26

Ipse dixit: "scienza spazzatura"

"Coloro che sposano affermazioni deboli o non verificabili dovrebbero rendersi conto che stanno forse arrecando danno alla lotta per ottenere una discussione razionale delle questioni importanti, perché avvelenano questo processo con 'scienza spazzatura'."

-- Steven Jones, complottista, in Why Indeed did the WTC Buildings Collapse, versione 22/11/2005. Citazione originale: "Those espousing weak or untestable claims should realize that they may be damaging the effort to achieve a rational debate of important issues by poisoning the process with 'junk science'."

2007/01/17

Larry Silverstein e le polizze del WTC


di John - www.crono911.org

Se le teorie dei cospirazionisti sull’11 settembre fossero vere, il signor Silverstein sarebbe l’uomo più stupido della Storia: dopo aver partecipato alla più grande e macchinosa cospirazione di tutti i tempi, con interi aerei che scompaiono nel nulla insieme a tutti i passeggeri, e missili ed esplosivi che scoppiano a destra e a manca nel segreto più assoluto, Larry Silverstein si è tranquillamente lasciato sfuggire un “pull it” in mondovisione, ammettendo così di aver ordinato la distruzione del WTC 7 mediante cariche esplosive preposizionate e rivelando l’intero complotto.

A dire il vero ci sarebbe anche il Ministro dei Trasporti Mineta a fargli concorrenza; ma quella è un'altra storia.

Secondo i cospirazionisti, Larry Silverstein avrebbe guadagnato miliardi di dollari dalla distruzione del World Trade Center, grazie ad un'assicurazione che aveva opportunamente stipulato poche settimane prima degli attentati contro i rischi di attacchi terroristici nei confronti delle Twin Towers e del WTC 7, edifici dei quali sarebbe stato proprietario.

Anche in questo caso la verità è ben diversa: Silverstein non era proprietario delle Twin Towers e la loro distruzione gli ha arrecato notevoli perdite finanziarie. Vediamo perché.

Nato a Brooklyn nel 1932 da una famiglia ebraica, Silverstein è quello che gli americani chiamano “Real Estate Investor”, ossia un investitore specializzato nello sviluppare e commercializzare terreni ed edifici precedentemente acquistati o affittati; a questo scopo ha creato una grande impresa commerciale, la Silverstein Properties.

Nel 1980 acquistò dalla Port Authority del New York e del New Jersey (un’autorità indipendente che gestisce buona parte delle vie di comunicazione marittime, aeree e terrestri dei due Stati ed è proprietaria del World Trade Center) i diritti per costruire il WTC 7, un edificio di 47 piani con oltre 170.000 mq adibiti a uffici e spazi commerciali, affittati a imprese ed enti pubblici e privati.

Nel luglio del 2001 Larry Silverstein vinse una gara d'appalto per l'affitto delle Twin Towers per un periodo di 99 anni, pagando un corrispettivo di 3,2 miliardi di dollari. Con l'occasione, stipulò una polizza assicurativa del valore di 3,55 miliardi di dollari, che quindi copriva poco più della cifra pagata per l'affitto. Scopo di Silverstein era ovviamente incassare gli affitti degli immensi spazi commerciali presenti nei 110 piani di ciascuna delle Torri.

La mattina dell'11 settembre del 2001, le Twin Towers furono colpite da due aerei di linea pilotati da terroristi arabi e crollarono, distruggendo tutto il World Trade Center, compreso il WTC 7, che collassò poche ore dopo.

Il contratto di affitto firmato da Silverstein prevedeva il pagamento dei 3,2 miliardi di dollari, anche se ormai l'intero World Trade Center era stato ridotto in macerie. A questa perdita va aggiunta quella del WTC 7, nonché tutti i mancati introiti degli affitti, sia quelli in corso che quelli previsti, per una perdita complessiva valutata in 30 miliardi di dollari del 2001.

A fronte di queste perdite, Silverstein poteva contare solo sul rimborso assicurativo, pari – come abbiamo detto – a 3,55 miliardi di dollari.

Nel tentativo di rintuzzare i danni, Silverstein sostenne che, poiché l'attacco era stato compiuto da due velivoli, andava considerato come un evento doppio, non singolo, e pertanto andava risarcito due volte, per un importo complessivo di 7,1 miliardi di dollari.

I tribunali di New York gli dettero inizialmente ragione e le assicurazioni (o meglio alcune di esse, perché il rischio fu ripartito tra più broker, ciascuno con proprie clausole contrattuali) furono condannate a pagare una somma quasi doppia rispetto a quella assicurata.

A una lettura superficiale, può quindi sembrare che Silverstein ci abbia guadagnato dagli attacchi, visto che incassò più di quanto aveva speso. In realtà non fu così, non solo perché dovette rinunciare a decine di miliardi di dollari di ricavi degli affitti, ma anche perché le clausole del contratto lo obbligavano a ricostruire le Twin Towers a proprie spese.

Ma non finisce qui: tutt'altro che rassegnate, le assicurazioni fecero ricorso in appello. Nel 2006 hanno vinto questo ricorso, ottenendo di dover pagare il risarcimento per un evento singolo anziché doppio.

Pertanto, alla fine di questa lunga vicenda, non solo Silverstein non ha guadagnato nulla dalle assicurazioni, non solo ha perso anni e anni di incassi dagli affitti, ma sta anche sostenendo le spese per la ricostruzione del WTC 7 e della Freedom Tower (che prende il posto delle Twin Towers).

Sia ben chiaro: di sicuro Silverstein non morirà di fame. Una volta completate le ricostruzioni, i proventi degli affitti gli consentiranno di recuperare abbondantemente le perdite. Ma è evidente che non si può sostenere, come fanno i cospirazionisti, che l'11 settembre sia stato il giorno più fortunato della sua vita.

Fonti:

2007/01/15

La "truffaldina" simulazione della Purdue University

di Hammer

Una delle tesi più battute dai complottisti vuole che la simulazione dell'attacco al Pentagono (e quella più recente riguardante il World Trade Center) realizzata dalla Purdue University furbescamente ometta di includere i motori dei velivoli. In questo modo, sostengono i complottisti, l'ateneo si sarebbe tolto dall'imbarazzo di dover mostrare che la presenza dei motori è incompatibile con i danni prodotti e quindi che non fu un aereo di linea a schiantarsi contro il Pentagono l'11 settembre 2001.
Il sito Luogocomune.net riporta la seguente affermazione:

"Mentre le ali "penetrano" in qualche modo una parete che è invece rimasta intatta, i motori scompaiono di colpo, come se fossero fatti di cartapesta."

E il libro "Inganno Globale" di Massimo Mazzucco sostiene:

"Altrettanto inspiegabilmente, nella ricostruzione della Purdue, i motori del Boeing scompaiono letteralmente di vista, da un fotogramma all'altro, al momento di toccare la parete. Ma dove l'avrebbero colpita, i due motori prima di scomparire per sempre nell'oblio?"

Se le cose stessero davvero così sembrerebbe che la Purdue University si sia cimentata in un maldestro tentativo di nascondere la verità. Sembra quasi una di quelle mosse a cui i complottisti, abituati a manipolare le prove o ad inventarne di sana pianta, ci hanno abituato piuttosto che il serio comportamento di un istituto di ricerca.

Effettivamente ancora una volta i complottisti dimostrano che non hanno nemmeno fatto la fatica di leggere quali erano gli intenti della Purdue. Lo scopo non era simulare l'impatto meccanico dell'aeromobile contro la struttura del Pentagono; ma l'effetto idrodinamico, ben più devastante, della cellula dell'aereo e del carburante in essa contenuto contro la rete di colonne interne. Il Problem Statement che la Purdue si pone è infatti:

"Simulate as faithfully as possible the effects of crashing an air frame loaded with fuel (simulating a Boeing 757) into a reinforced concrete frame similar to the one supporting the Pentagon building."

Il termine utilizzato è "air frame", in italiano "cellula". Che come è noto non comprende i motori, come specificato anche dal dizionario di Yahoo!Education:


Lo scopo della studio era quindi la valutazione del danno inflitto dalla massa liquida e quindi incomprimibile dei 20000 litri di carburante avio contro le colonne. Ben più distruttivo dell'impatto meccanico di macerie e motori. Ecco perchè sono mostrati il flusso del carburante e le fiamme che ne scaturiscono e sono omesse le parti più massive del velivolo. Parimenti non sono considerate facciate e solette dell'edificio; perché oggetto dello studio sono le sole colonne interne.

Lo stesso approccio si riscontra nell'analoga simulazione del rapporto ASCE "The Pentagon Building Performance Report" che analizza la deformazione delle colonne interne del Pentagono all'impatto di un fluido avente le stesse caratteristiche del carburante avio. Ciò ha consentito anche di valutare la velocità minima necessaria per provocare le deformazioni rilevate nella realtà.

Nella simulazione Purdue i motori non scompaiono come cartapesta, semplicemente non sono inerenti a uno studio idrodinamico. E lo scopo dello studio è esplicitato chiaramente, oltre ogni possibile fraintendimento.

Sarebbe utile che i complottisti verificassero le fonti da cui prendono le informazioni, invece che perdere tempo inutile a rincorrere le proprietà della termite o le evanescenti difese missilistiche del Pentagono.

Invece preferiscono fare un semplice "copia e incolla" di ciò che leggono altrove, ad esempio che la Purdue University è stata pagata per tacitare la "smoking gun" del complotto.

2007/01/14

"Zero" assoluto

di John www.crono911.org

-273 °C: è questa la temperatura dello zero assoluto, in fisica. Non conosciamo invece quale sia la temperatura del film-documentario Zero, che si accinge, almeno nelle intenzioni dei suoi ideatori, ad entrare nelle sale cinematografiche italiane per proporci l'ennesima investigazione sull'11 settembre.

In compenso, viste le premesse e le informazioni già disponibili, possiamo ragionevolmente ritenere quale sarà il livello dei suoi contenuti: zero. Almeno sappiamo la ragione del titolo. In attesa di vedere questo nuovo parto del cospirazionismo, dobbiamo accontentarci di dare uno sguardo al suo sito Web.

Dal paragrafo di presentazione apprendiamo che si tratta di un “film documentario che rompe il muro del silenzio”. Meno male. In effetti ci voleva qualcosa per rompere il silenzio: in fin dei conti, sull'argomento sono stati scritti appena qualche migliaio di libri (3.000 secondo alcune stime) e sono state prodotte soltanto alcune centinaia di film e DVD, in tutte le lingue; da ultimo, proprio in Italia ed in queste settimane, il film “Inganno Globale”, che si propone gli stessi obiettivi. Per non parlare delle innumerevoli trasmissioni televisive, come quelle di Raiuno, Raitre, Canale 5, eccetera.

Si accomodi, quindi, anche Zero. Dovrà gridare forte per farsi sentire fra tanti strilloni che hanno ormai saturato il pubblico italiano, al punto che Inganno Globale ha dovuto essere offerto in omaggio come allegato a un libro, pur di riuscire a rifilarlo alla gente.

Però forse siamo ingenerosi. Può essere che Zero affronti argomenti nuovi, finora nascosti da quel “muro di silenzio”. E invece no. Si tratta sempre delle stesse cose, trite e ritrite, come apprendiamo dalla grafica animata del sito: Perché le Torri sono crollate? Cosa è successo al Pentagono? Perché le telefonate del Volo 93 sono false? E così via.

Il sito anticipa che il film sarà ricco di contributi: interviste, immagini di repertorio, ricostruzioni grafiche, cartoni animati, animazioni, artisti teatrali... Mancano soltanto i giocolieri e il lanciatore di coltelli e sarebbe un circo perfetto.

Ma di “zero”, in questo film, non ci sono solo il titolo e i contenuti: ci sono un bel po' di zeri nelle cifre degli investimenti previsti per il film, e in quelle relative alla gestione degli incassi.

Come una vera e propria società per azioni, il film (secondo il suo sito) “vale 500.000 euro” e pertanto è stato diviso in mille quote da 500 euro l'una (appunto come le azioni di una SpA). Chiunque può acquistare quote o parti di quote e partecipare ai “guadagni complessivi del film in proporzione alla percentuale acquistata”.

E bravo Zero. Il muro del silenzio non lo sfonderà, visto che quel muro non esiste. In compenso potrà sfondare qualche portafoglio gonfiandolo di simpatici bigliettoni colorati con lo stemma Euro.

Altro che ricerca della verità, muro del silenzio, alto valore etico, altro che Zero. Avrebbero dovuto chiamarlo Zeuro.

In arrivo l'edizione italiana dell'indagine di Popular Mechanics

di Paolo Attivissimo

Dopo tanta letteratura complottista (alla faccia di chi lamenta un "muro del silenzio" intorno alla questione), finalmente sta per debuttare anche in Italia il libro d'indagine compilato da Popular Mechanics, quello su cui si basò Enrico Deaglio per definire "boiata pazzesca" le ipotesi di complotto su Diario e a Matrix.

"Debunking 9/11 Myths" è attualmente in fase di avanzata traduzione da parte del gruppo Undicisettembre per conto di un editore italiano. Il libro è stracolmo di dati e di testimonianze esperte che mettono non un bastone, ma una trave, nelle teorie di complotto più diffuse e le mostrano per quello che sono: crisi di paranoia che ricalcano in modo inquietante, nella retorica e nel metodo, quelle del maccartismo e di tante altre cacce alle streghe che hanno macchiato il ventesimo secolo. Prima si decide il colpevole, poi si scelgono gli indizi adatti ad incastrarlo e si ignorano tutti quelli che lo scagionano. E se gli indizi non ci sono, si inventano.

Anche per chi non è interessato al complottismo ma vuole semplicemente conoscere meglio la dinamica del crollo delle Torri Gemelle e degli altri attentati dell'11 settembre, "Debunking 9/11 Myths" è una ricca fonte di dettagli tecnici. Chi ha preparato laboriosissime analisi video sull'impatto al Pentagono avrebbe fatto bene a consultare questo libro: avrebbe saputo marca e modello delle telecamere che hanno ripreso l'impatto, risparmiandosi complesse quanto infondate congetture sull'identificazione degli apparati.

Per coloro che, come scrissero Giulietto Chiesa e Franco Cardini in una lettera pubblicata dal Corriere della Sera il 17 ottobre 2006, credono che l'inchiesta di Popular Mechanics sia screditata perché "redatta, utilizzando testimoni 'compiacenti', da Benjamin Chertoff, nipote venticinquenne di quel Michael Chertoff, da Bush ha [sic] nominato a capo del Dipartimento 'Homeland Security'", vale la pena di proporre una sana iniezione di realtà: la parentela è una bufala, e l'inchiesta non è stata redatta da Benjamin Chertoff da solo, ma da un pool ben più vasto di giornalisti ed esperti di settore.

Nella lettera al Corriere, Chiesa attribuisce lo scoop della parentela al giornalista Christopher Bollyn dell'American Free Press, ma sbaglia persino nel copiare da Bollyn: un errore che non promette bene per il rigore d'indagine dell'imminente "film-inchiesta" Zero di Chiesa. Un errore che, guarda caso, va a rafforzare la tesi complottista creando un'inesistente parentela più stretta.

Infatti Bollyn afferma che Benjamin Chertoff è cugino di Michael Chertoff, non nipote.

But who is Benjamin Chertoff, the "senior researcher" at Popular Mechanics who is behind the article? American Free Press has learned that he is none other than a cousin of Michael Chertoff, the new Secretary of the Department of Homeland Security.

Ho contattato personalmente Christopher Bollyn, che in una fitta corrispondenza privata mi ha chiarito che l'unico indizio che ha della presunta parentela è una telefonata che afferma di aver fatto alla madre del redattore di Popular Mechanics. Di questa telefonata non esiste registrazione o testimonianza indipendente.

Bollyn mi ha inoltre descritto le estenuanti indagini genealogiche che ha compiuto nel tentativo di trovare un legame di parentela. Pur essendo risalito fino ai nonni di Michael Chertoff, immigrati dalla Russia e dalla Romania, non l'ha trovato. Ma insiste: dice che il cognome uguale "non può essere una coincidenza".

Come descrive lucidamente 9/11: Debunking the Myths, questa è la faccia perversa e pericolosa del complottismo: "la coincidenza viene considerata prova di collaborazione", dice il libro. E nella visione distorta dei complottisti, una singola coincidenza è considerata una giustificazione sufficiente per mettere da parte tutti gli altri fatti presentati da centinaia di esperti.

Chi ha prestato la propria testimonianza alle indagini complottiste, e chi crede ciecamente alle affermazioni di chi non riesce nemmeno a distinguere fra cugini e nipoti, farebbe bene a chiedersi in che mani si è messo.

2007/01/10

WTC7, la CNN preavvisò del crollo oltre un'ora prima

di Paolo Attivissimo, con il contributo di ricerca di Hammer. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Uno dei capisaldi del complottismo undicisettembrino è che l'Edificio 7 del World Trade Center sia crollato senza preavviso e senza motivo apparente:

The oddest failure was to occur at 5:20, when the 47-story Salomon Brothers Building, WTC 7, collapsed without warning, even though no planes had struck it...

(Independent Weekly, luglio 2004)

La teoria complottista vuole che il WTC7 sia stato minato e poi distrutto in una sorta di demolizione controllata per eliminare prove compromettenti del Grande Complotto, e che la "versione ufficiale" occulti questo fatto attribuendo invece il crollo alla combinazione di incendi e danni prodotti dalle macerie riversatesi sul WTC7 durante il collasso delle Torri Gemelle.

Chiaramente un'operazione di minamento del genere, che non deve risultare da nessuna parte per non invalidare la versione ufficiale, andrebbe effettuata nella massima segretezza. Non si capisce, allora, come mai Larry Silverstein, locatario dell'edificio, avrebbe "rivelato" la demolizione usando in un documentario televisivo l'espressione "pull it", che secondo i complottisti significa "demolire". Così disse, per esempio, Giulietto Chiesa a Matrix ben due volte, il 24/5/2006 e l'11/9/2006.

Silverstein fu vittima di un lapsus freudiano? Fece una confessione? Lanciò un messaggio subliminale? Ebbe una crisi passeggera di cretinismo? O semplicemente si riferì al ritiro del contingente di pompieri dalla zona del WTC7, effettuato per paura che l'edificio crollasse?

Massima segretezza, dicevo. Ma allora, cari complottisti, caro Giulietto, se come dite voi il crollo del WTC7 era inatteso e immotivato, come mai l'11 settembre 2001 la CNN lo preavvisava in diretta ai telespettatori di tutto il mondo più di un'ora prima che avvenisse?

Cap014

E' scritto bello chiaro: "Building 7 at World Trade Ctr. on fire, on verge of collapse". Traduco: "L'edificio 7 al World Trade Center è in fiamme ed è prossimo al crollo".

"Crollo", si noti, non "demolizione".

Questo fotogramma risale a pochi minuti prima del crollo effettivo, ma la diretta della CNN di quel giorno, di cui Undicisettembre ha una registrazione, tenne inquadrato a lungo il WTC7, persino durante la presenza in studio di ospiti di spicco, proprio perché l'edificio era in fiamme e ne era stato previsto il crollo. E come si può rilevare dalla registrazione della diretta e dalla sua trascrizione, un annuncio del probabile crollo fu dato in diretta da Aaron Brown già alle 16:10:

"Stiamo ricevendo informazioni secondo le quali uno degli altri edifici, l'Edificio 7 del complesso del World Trade Center, è in fiamme ed è crollato o sta crollando e [...] ora ci viene detto che c'è un incendio là e che anche quell'edificio potrebbe crollare..."

"We are getting information now that one of the other buildings, Building 7 in the World Trade Center complex, is on fire and has either collapsed or is collapsing and [...] now we are told that there is a fire there and that building may collapse as well...".

Dopo il crollo, avvenuto alle 17:20, Maureen Madden disse (da Ground Zero):

"...circa due minuti fa abbiamo dovuto assistere al crollo del World Trade Center 7... Quello che ci hanno detto i vigili del fuoco e la polizia di New York è che l'intera parte sud dell'edificio a un certo punto era avvolta dalle fiamme ed era solo questione di tempo perché crollasse. Stavano semplicemente aspettando che crollasse. Avevano aspettato circa mezz'ora."

"...about two minutes ago, we had to see seven World Trade Center go down... What we heard from the fire department and N.Y.P.D. is that the whole south part of the building was engulfed in flames at one point and it was a matter of time to -- to collapse. They were just waiting for it to collapse. They have been waiting for, for about a half hour."

Queste parole confermano l'interpretazione sensata e non complottista delle parole di Silverstein: si sapeva che il WTC7 era in fiamme sull'intera facciata sud e sarebbe crollato, e lo sapevano in particolare i pompieri e gli agenti di polizia, che si sono ritirati ad "aspettare che crollasse".

2007/01/06

Il libro "Inganno Globale" ed il metodo scientifico

di Henry62.
http://11-settembre.blogspot.com/

Nella foto: la catasta di volumi di uno dei rapporti tecnici sull'11 settembre.

Dopo essere stato annunciato da tempo, il film "Inganno Globale" di Massimo Mazzucco è finalmente disponibile anche in libreria, allegato in omaggio all'omonimo libro.

In un primo tempo, dalle pagine del sito Luogocomune si auspicava una distribuzione del film come allegato ad un periodico, quindi per grandi numeri, con commercializzazione nel circuito delle edicole; poi si è invece definita la disponibilità al pubblico come DVD allegato in omaggio col libro "Inganno Globale", in vendita al prezzo di copertina di 11,90 euro, edito da Macro Edizioni di Diegaro di Cesena.

La pubblicazione del libro scritto da Mazzucco, annunciata a sorpresa in prossimità dell'uscita commerciale, è certamente una ghiotta novità per chi, come me, vorrebbe capire le vere motivazioni e le basi da cui le teorie cospiratorie prendono spunto. Ricordo che su tali teorie e su filmati analoghi sono state fatte trasmissioni, sia da emittenti private che pubbliche, che hanno lasciato ampio spazio ad ogni sorta di ipotesi, senza però mai approfondire le radici da cui tali ipotesi traggono il loro nutrimento. Se è vero, ed io condivido, che le domande nascono dall'osservazione del contesto, è altrettanto vero che le risposte nascono spesso dal particolare.

Trovo francamente incomprensibile un metodo di procedere che, dei medesimi fatti criminosi, faccia prevalere una visione di sintesi (contesto), rispetto ad una di analisi (particolare), quasi che i due tipi di contesto siano in contrapposizione. Se l'analisi è il metodo di ogni investigazione, legale o scientifica, la sintesi ne fornisce il risultato finale: queste sono le due facce della medesima medaglia. Chi nega una qualunque delle due facce, nega l'esistenza della medaglia, cioè, fuor di metafora, manipola la realtà.

Tornando al libro, senza quindi prendere in considerazione il film (di cui è possibile già trovare in Rete alcune analisi), si è voluto far precedere la pubblicazione della recensione da un esperimento, di cui racconteremo nel corso dell'analisi del libro.

In pratica, acquistato il libro con annesso film, dalla lettura mi aspettavo non di sapere quale fosse il punto di vista dell'autore, che ben conosco sia per l'analisi di quanto da lui prodotto finora, sia per diretta conoscenza per la mia frequentazione delle discussioni sulle pagine del suo sito, ma di capire quali fossero le prove documentali che lo hanno portato a fare le sue affermazioni.

Letto il libro, che è di facile e veloce lettura sia per l'esiguità delle pagine (129 in tutto), sia per il dichiarato intento dell'autore di scrivere in modo semplice per chi non sa niente degli avvenimenti dell'11 settembre 2001, sono rimasto francamente sconcertato. Prima di leggere questo libro, Mazzucco per me si poneva, senza alcun dubbio, come uno degli alfieri del movimento italiano sostenitore delle teorie alternative alla realtà dei fatti dell'11 settembre, movimento che di fatto in Italia polarizza i suoi riferimenti su una rosa molto limitata di nomi.

In questo libro, quindi, ritenevo che Mazzucco intendesse fare un importante passo avanti nella sua ricerca, passando finalmente dal solo porre domande al formulare ipotesi di risposte. Sebbene parzialmente, la mia aspettativa è stata soddisfatta.

E' chiaro che chi, come me, ha già espresso pubblicamente la sua posizione critica nei confronti delle teorie alternative, sarebbe stato agevolmente accusato di faziosità se si fosse scagliato contro le opinioni dell'autore del libro "Inganno Globale", per cui, volutamente, non voglio prendere in considerazione le idee dell'autore, per quanto le possa ritenere fantasiose e del tutto arbitrarie, ma solamente il suo metodo di analisi per passare dai fatti alla formulazione di ipotesi di ricostruzione alternative a quelle diffuse dagli organismi tecnici e governativi americani.

Premetto che ho sempre contestato l'asserzione dell'autore che la cosiddetta "versione ufficiale" sia quella fornita dai mainstream media. I mass media forniscono, nella migliore delle ipotesi, una divulgazione annacquata delle analisi tecnico-scientifiche che invece, nella loro stesura ufficiale e definitiva, sono il solo riferimento per chi si vuole occupare seriamente di un'analisi dei fatti dell'11 settembre.

Dalla lettura del libro di Mazzucco, quindi, ho cercato di ricavare come e da dove l'autore traesse le sue certezze, per imbastire il suo personalissimo cammino di ricerca della verità. Purtroppo, devo dire, la delusione è stata cocente. L'autore incappa in un numero impressionante di errori, taluni davvero sconcertanti per chi, come lui, si ritiene che si occupi da anni di 11 settembre.

Colpito da tali presenze, ingombranti ed incresciose, decisi allora di fare un esperimento, proponendo ad una popolazione di sostenitori delle teorie alternative, qual è in massima parte la community dei frequentatori del sito Luogocomune, la possibilità di dire la loro prima della mia recensione, in merito agli errori presenti nel libro.

L'intento era duplice, nel senso di trovare conferma o meno a tutti i miei dubbi e, in seconda battuta, valutare il livello di sensibilità ed obiettività di un pubblico certamente più evoluto rispetto al target cui si rivolge il libro (che ricordo essere chi non sa niente di 11 settembre).

Il primo obiettivo era per me raggiungibile attraverso un dialogo diretto con l'autore, il secondo tramite gli interventi e la discussione con gli altri membri del sito. L'autore ha accettato il dialogo, non potendo certamente ignorare il fatto che io fossi andato proprio su Luogocomune per parlare degli errori presenti nel suo libro, ponendosi però immediatamente su un piano di contrapposizione frontale, minimizzando l'entità degli errori rilevati e cercando di uscire dalla imbarazzante situazione affermando che se io non criticavo le sue domande, significava che le trovavo motivate, dimenticandosi, molto opportunamente, della mia affermazione di principio che non volevo in nessun modo criticare le sue opinioni ma solamente verificare quali fossero per lui le evidenze significative.

La community di Luogocomune ha invece mantenuto un rigoroso riserbo sugli errori, senza partecipare al dialogo, intervenendo solamente per cercare di dirottare la discussione, ponendo domande fuori topic o con interventi volutamente offensivi, facendo passare l'invito alla discussione per un tentativo di "delazione" nei confronti della guida del sito, cioè lo stesso Mazzucco.

Partendo da queste basi, la discussione è presto degenerata, come purtroppo quasi sempre avviene quando si vuole supplire col sarcasmo o con l'offesa alla mancanza di argomenti. L'autore poi, giocando coi ruoli di webmaster, regista e scrittore, dopo un imbarazzante (per lui, non certo per me) blocco e sblocco del thread nel forum, ha ritenuto poi anche di dedicarmi ulteriore spazio in prima pagina, e di questo lo ringrazio, perché ha consentito di chiarire finalmente, in modo meno formalmente lezioso ma più brutalmente sincero, quindi efficace, quale sia il suo vero pensiero.

La conseguenza di tale operato è stata una presa di posizione decisa di una parte della community di Luogocomune, che, nonostante condivida comunque posizioni alternative a quelle ufficiali, non si è riconosciuta nelle posizioni francamente poco sostenibili di Mazzucco, dichiarando pubblicamente di dissociarsi dalla linea del sito. Naturalmente gli utenti più coinvolti sono quelli che in passato più hanno contribuito a stimolare la discussione, motivo per cui credo sia indiscutibile dichiarare che la perdita di queste persone sia certamente negativa in assoluto per il sito Luogocomune, indifferente invece per Mazzucco, che, comunque, non sembra attribuire alle loro analisi particolare valore.

Il libro, come detto, presenta numerosi errori, il più curioso dei quali, per la sua banalità, è l'affermazione che le Torri avessero 108 piani e fossero di proprietà del municipio di New York, quando chiunque sa che le Torri avevano 110 piani ed erano di proprietà di un ente bistatale, la Port Authority di New York e del New Jersey. L'autore, per spiegare il motivo dell'errore, non ha saputo opporre che una banale affermazione, secondo la quale lui aveva vissuto per un certo tempo a New York e per questo lui era convinto che quella fosse la realtà.

Sia chiaro, l'errore sul numero dei piani è banale in assoluto, ma credo sia pesante concettualmente, perché indica che l'autore (e chiunque abbia riletto il manoscritto) non abbia ritenuto di verificare una banale affermazione facilmente disponibile sulle stesse pagine di Luogocomune. Viene il dubbio, quindi, che l'approssimazione sia stata sovrana nell'approntamento dell'elaborato, forse per vincoli di tempo dettati dalle scadenze editoriali.

Il secondo errore, quello riferito alla PANYNJ, è certamente grave, perché l'aver scambiato la municipalità di New York con lo Stato di New York significa che l'autore non ha la benché minima idea del motivo per cui le Torri non fossero soggette formalmente al rispetto dei regolamenti costruttivi della città di New York. Quindi l'autore non sa che proprio per questo motivo nessuna imputazione poteva essere rivolta ai costruttori e ai progettisti per l'eventuale mancato rispetto delle norme di sicurezza della città di New York, visto che formalmente questi edifici non dovevano soddisfare tali norme, essendone la loro proprietà esente dalla giurisdizione.

Per lo stesso motivo è stato possibile avere i piani con maggiore densità di popolazione prevista esattamente nel posto di più difficile evacuazione, cioè sulla sommità, ove erano presenti un ristorante nella Torre Nord ed un belvedere aperto al pubblico, previo acquisto di biglietto, per la Torre Sud. In entrambi i casi, se i piani fossero stati completamente occupati, si sarebbe registrata una presenza ben superiore a quella consentita dai mezzi di evacuazione.

Gli errori non finiscono qui: ce ne sono di veramente preoccupanti, perché oltre alla gravità delle affermazioni errate fatte, questi errori aprono pericolosi ma illuminanti squarci sul metodo di documentazione e di analisi dell'autore. Un esempio eclatante di questa mancanza di scientificità è l'attribuzione di una presenza massiccia di amianto, che, sempre secondo l'autore, letteralmente foderava le Torri Gemelle, mentre è ben chiaro dalla documentazione ufficiale che l'amianto era completamente assente nella Torre Sud e presente solo nei primi 38 piani della Torre Nord, cioè in poco più di un terzo dell'edificio.

Proprio su questo specifico tema il buon Mazzucco ha chiesto ripetutamente quali fossero le mie fonti ed io sono ben lieto di dargli ora risposta, dicendo che le fonti sono proprio i report ufficiali FEMA-NIST. Certo, è curioso vedere un cosiddetto debunker che fornisce ad un "cospirazionista doc" le fonti per un suo libro, ma a volte niente è più incredibile della realtà.

Se questo è stato il metodo, allora non deve sorprendere l'affermazione di Mazzucco che gli impennaggi di coda del Boeing 757/200 che ha colpito il Pentagono fossero in acciaio, oppure che si dia per scientificamente provata (quando mai?) la thermite fra le macerie di Ground Zero. Il metodo è quindi non scientifico, basato in larga misura sull'esperienza personale, peraltro dimostratasi ampiamente insufficiente, e comunque privo di quell'approfondimento che solo giustifica la parola "analisi".

L'autore non fa, infatti, un'analisi, ma sintetizza, alla luce delle sue conoscenze, i fatti che solamente così sembrano essere ingiustificabili. Si tratta quindi di una mancanza di spessore scientifico nella conoscenza dei fatti che, purtroppo, porta l'autore a formulare ipotesi di pura fantasia su fenomeni fisici, facendo affermazioni prive di qualunque supporto tecnico. L'autore pone effettivamente in dubbio ciò che le autorità preposte affermano, ma buona parte dei dubbi nascono dal non aver adeguata padronanza degli atti ufficiali liberamente disponibili sui siti istituzionali governativi.

Per questo motivo si critica, con grande apparato iconografico, il collasso dell'edificio secondo il meccanismo pancake, inizialmente ipotizzato in un report provvisorio del maggio 2002, ma che, purtroppo per l'autore, è stato invece decisamente ed esplicitamente rigettato nel report definitivo del NIST del 2005 e nel documento FAQ dell'agosto 2006 dello stesso ente.

In conclusione, risparmiandoVi una ulteriore e noiosa elencazione di altri errori presenti nel libro, risulta eclatante l'affermazione fatta dall'autore stesso nel forum di avere già posto mano in fretta e furia all'edizione riveduta e corretta del libro, costretto a ciò, evidentemente, dalla precisa contestazione di fatti, non opinioni, liberamente verificabili da chiunque.

Dalla lettura della prima edizione del libro "Inganno Globale", in attesa della seconda riveduta e corretta, è risultato chiaro a tutti che un dialogo serio e scientifico sui fatti dell'11 settembre non può prescindere dalla conoscenza delle evidenze, indipendentemente dalla posizione che si intende assumere e dalle ipotesi che si vogliono formulare.

Mi piace ricordare l'antico detto arabo che costituisce l'apertura del libro di Mazzucco: "Onesto è colui che cerca di adeguare il proprio pensiero alla verità delle cose. Disonesto è colui che cerca di adeguare la verità delle cose al proprio pensiero".

2007/01/04

Gordon Ross ed il calcolo delle energie

di mother

Ultimamente circola un testo di un ingegnere meccanico europeo: Gordon Ross. Il testo può essere trovato a questo link.

In due parole, si può dire che cerca di dimostrare, assumendo un modello di collasso plastico dell'edificio e eseguendo una trattazione energetica, che il crollo delle Torri Gemelle non poteva avvenire naturalmente.

In primo luogo, Gordon Ross è un ingegnere meccanico di Dundee, o almeno così si presenta in un altro dei suoi PDF.
Author: The author of this work, Gordon Ross, was born in Dundee, Scotland. He holds degrees in both Mechanical and Manufacturing Engineering, graduating from Liverpool John Moores University, in 1984. link
Quindi molto probabilmente non è né il giocatore di football di Edimburgo, né l'azienda di Steven Ross del sito gordonross.net.

Una traduzione italiana del suo testo può essere letta qui. Il sito dell'autore è invece questo ed il testo originale è reperibile qui. Finora è stato pubblicato per esempio da Luogocomune e Journal of 911 Studies.

Sulla base della traduzione citata poco sopra, i commenti sull'elaborato, raccolti per punti, sono questi:
  1. La teoria del pancake non viene più seguita da nessuno. L'idea di una serie di urti perfettamente centrati fra piani che cadono uno sull'altro è l'ennesima riutilizzazione di questo modello di collasso, per il quale si è dimostrato che non descrive bene il meccanismo di crollo.
  2. L'assunzione di un'onda d'urto che coinvolga più piani nella resistenza è notevole, ma non si può basare unicamente sull'ipotesi di elasticità (diffusione elastica dell'onda nel mezzo, se poi si tratta un sistema anelastico di urti) e dovrebbe tenere conto delle limitazioni che l'ipotesi di elasticità porta con sé (considerazioni riguardo alla risposta elastica della struttura; quindi quantità in gioco, velocità di impatto, stati triassiali, resilienza). Vi è poi un altro errore formale nella trattazione con l'onda, visto che per il primo impatto prevede, per una serie predefinita dei piani inferiori, dei fattori di compartecipazione, ma non prevede, per gli urti successivi al primo, analoghe riduzioni della resistenza degli elementi dovuti alle partecipazione nella resistenza ai precedenti urti. Questa è una notevole riduzione dell'energia resistente: non assumerla favorisce molto la tesi complottista-dietrologica.
  3. La mancanza di ipotesi riguardanti l'instabilità dell'equilibrio: un'omissione che risulta molto strana per un ingegnere meccanico.
  4. L'introduzione di un coefficiente che diminuisce il valore dell'energia potenziale richiesta per portare a snervamento la colonna. L'ottenimento di questo coefficiente, che ha un'influenza notevole nel calcolo (un cambio verso un ordine di grandezza inferiore), è lacunoso e poco chiaro. Potrebbe essere il coefficiente di grado di instabilizzazione dei piani investiti dall'onda d'urto. Comunque non risulta chiara la relazione fra coefficiente inserito per il piano e distanziamento del piano investito dall'onda d'urto dalla zona di amalgama anelastica dove si realizza lo snervamento dell'acciaio delle colonne.
  5. La trattazione riguardante il carico di un provino sottoposto a trazione o compressione è in parte corretta. Purtroppo vi è qualche pecca imputabile alle differenze fra sezioni composite e la sezione del provino da laboratorio, che porta a modificazioni nel grafico tensione-deformazione.
  6. La mancata conoscenza del lavoro ottenuto come prodotto della tensione per la deformazione, sia per il campo elastico che per quello plastico, nelle ipotesi di differenziabilità dei solidi di Saint Venant, quindi passaggio per l'energia potenziale calcolata sulle piccole variazioni di deformazione. Utilizzare la formula dell'energia potenziale sulla deformazione della trave-colonna non è calcolare l'energia utile a deformare l'elemento strutturale.
  7. Per quanto possa essere corretto introdurre un coefficiente di sicurezza, bisogna considerare che in condizioni statiche (diverse da quelle del tutto eccezionali verificatesi per i danni prodotti daell'aereo) l'energia di deformazione diviene quella utile per passare da uno stato sollecitativo nella colonna a quello sollecitativo di snervamento. La presenza di taglio e momenti non fa altro che ridurre la resistenza della colonna, introducendo un stato di tensione pluriassiale e non monoassiale come previsto da ipotesi fatte (crollo verticale).
  8. Il provino, quando è sottoposto a trazione, arrivando al limite di snervamento subisce lo scorrimento delle fibre di Luders e l'irrigidimento del campione. Il provino, sottoposto a compressione, ha anch'esso la formazione di fibre di Luders (sempre che si riesca ad evitare l'instabilità dell'equilibrio), perché la dimensione è tale da non subire gli effetti del taglio deviato sulle sezioni piatte costituenti l'elemento strutturale. Analogamente, per profilati commerciali le normative impongono vincoli che impediscono la formazione dell'imbozzamento (almeno nella normativa italiana) e questo può verificarsi invece per i profilati costruiti in cantiere con incrudimento a freddo e saldatura. Tali limitazioni possono essere state trascurate, quindi può verificarsi l'imbozzamento. Ergo la normativa prevede il controllo dell'imbozzamento.
  9. La fase plastica di allungamento e scorrimento è di per sé una fase di collasso. Quanto si verifica è che il materiale, scorrendo, si irrigidisce, aumentando il proprio campo di resistenza. Questo si può notare se, nella prova che permette di definire il diagramma di carico del provino, si eseguono degli incrementi di carico progressivi (caso ben diverso dalla situazione che viene analizzata). Per il tratto in cui vi è scorrimento, il carico non viene aumentato, appunto perché vi è scorrimento a carico costante. Nel caso si procedesse ad un aumento di carico, si avrebbe uno scorrimento maggiore del provino, e nel caso di un notevole incremento di carico si avrebbe la rottura del pezzo anticipatamente a quanto il carico avrebbe potuto sopportare, poiché il materiale non avrebbe il tempo di riadattarsi per resistere ulteriormente. L'assunzione di un plateau plastico, con incremento progressivo (non istantaneo) del carico, è comunque un'assunzione a favore della sicurezza nelle costruzioni, visto che l'apertura delle cerniere plastiche viene monitorata nel calcolo strutturale e qualora non si lavori in campo elastico secondo normativa rimane limitata alla formazione di un numero limitato di cerniere plastiche tali da non creare meccanismi labili.
  10. L'assunzione di un comportamento plastico di tipo softening fa presumere che nelle prove di carico, per costituire il diagramma delle tensioni-deformazioni, si sia formata una cerniera plastica la cui rotazione ha permesso la formazione di un comportamento instabile del provino (un comportamento stabile è l'hardening, in cui non vi è un rapporto inverso fra gli aumenti di carico sul provino e gli aumenti di deformata del provino stesso, cosa che permette cicli cinematici e l'incrudimento a freddo).
  11. La terza fase mostra una rapida discesa della tensione richiesta per continuare la deformazione, con la tensione necessaria minore di quella di snervamento. Questa fase continua fino a quando la deformazione verticale eguaglia la lunghezza originale. In altre parole, la colonna è piegata in due.
  12. La colonna perfettamente compressa che raggiunge il carico di collasso plastico non si piega in due, ma sborda. La colonna che si piega in due è la colonna flessa o pressoinflessa. In alternativa, si può presumere che la colonna che ha raggiunto il carico di instabilità con notevole diminuzione della capacità portante totale dell'equilibrio (rigidezza assiale maggiore della flessionale e vari motivi portano la colonna a sbandare reagendo per flessione alla compressione imposta).
  13. Nella descrizione del modello che definisce le colonne coinvolte nell'onda d'urto viene meno proprio la trattazione per piccoli incrementi di carico. Si crea così lo stesso paradosso di Achille e la tartaruga, per il quale tutte le colonne fino alla base avrebbero dovuto costituire sezione reagente all'urto iniziale solo perché piccoli incrementi successivi di deformazione diffondono l'onda d'urto in un loop continuo (o continuo al massimo fino al limite inferiore). Non stupisce che Ross decida di arrestare il proprio ragionamento al primo salto, evitando di arrivare alla fine in cui onda d'urto e deformata sono presenti allo stesso istante nel medesimo elemento strutturale.
  14. Infine viene sempre trascurato che un'onda è un fenomeno energetico, quindi andrebbe valutata anche l'energia dell'onda.
  15. Per quanto poi Gordon Ross utilizzi l'energia potenziale al posto della più comoda formula per il calcolo del lavoro di deformazione, dimentica che al diminuire della quota aumentano sì le sezioni in gioco, ma aumentano anche le forze peso in gioco nel completo mantenimento del coefficiente di sicurezza costante per tutta la struttura. Quindi dire che le sezioni inferiori vengono tutte approssimate a quella superiore significa trascurare che per il collasso delle sezioni inferiori vi sarà una forza peso commisurata al dimensionamento statico, sulla base dei medesimi coefficienti di sicurezza da normativa utilizzati per i piani superiori. Basarsi sull'energia instabilizzante di un piano superiore sulla base delle deformazioni di più piani con area sempre maggiore è una diminuzione notevole, anzi del tutto erronea, dell'energia.
  16. La conservazione della quantità di moto si basa su due assunti per la formulazione elastica e quella anelastica, ovvero rispettivamente perfetta rigidezza e completa deformabilità. Secondo queste assunzioni, si può ridurre il bilancio energetico fra l'istante in cui i corpi devono ancora urtare e quello subito dopo l'urto ad un semplice confronto delle energie in gioco, riducibile in forma semplificata ad un rapporto fra masse e velocità delle formule di energia cinetica (in altre parole, l'energia persa nell'urto elastico o l'energia persa nella deformazione anelastica è trascurabile rispetto all'energia iniziale e finale, che è così rappresentata dalle sole energie cinetiche iniziali e finali). Però nel caso in questione si sta applicando una trattazione in cui l'energia di deformazione non è trascurabile e deve plasmarsi sue due campi di comportamento (elastico e plastico). Si torna quindi a porre dubbi sull'analogia utilizzata fra le leggi che derivano dall'applicazione del carico ad un mezzo e quelle che prevedono un urto al materiale.
  17. Il calcestruzzo nelle torri gemelle aveva una funzione non portante. 50.000 tonellate per il peso specifico del calcestruzzo (3500 kg al metro cubo) per la larghezza delle solette di 110 piani fanno a malapena lo strato coprente del solaio sopra la lamiera grecata. La valutazione dell'energia per distruggere questo elemento secondario rientra quindi in uno degli aspetti prima trascurati, ovvero l'energia dovuta all'impatto con l'oggettistica presente negli uffici.
  18. Vi è poi qualche altro errore formale. L'energia potenziale è l'energia posseduta da un corpo sottoposto a gravità che si trova ad una certa quota. Quindi all'istante iniziale la rimozione dei vincoli porta i primi piani che crollano ad avere un'energia potenziale pari all'altezza che questi hanno col baricentro rispetto al livello medio del mare. Nel bilancio dell'energia, la parte costituita dalla differenza di quota fra un piano e l'altro è la parte che diviene energia cinetica in moto di caduta libera senza dissipazioni proprio per la rimozione dei vincoli, mentre per i piani a seguire la formula diviene più complessa poiché deve essere trovato un bilancio fra reazione agli urti e resistenza e fra energie potenziali energie resistenti ed energia cinetica. Gordon Ross, invece, parte all'istante iniziale con la sola energia cinetica, come se il materiale in seguito si trovasse a quota zero e per i passaggi successivi considera come energia instabilizzante quella calcolata dal lavoro della forza peso e come energia stabilizzante-resistente quella deformativa (che, come abbiamo visto, è calcolata con la formula sbagliata). Vi è quindi un importante termine energetico trascurato (mgH=15 piani * peso di un piano * 9,8 * 400 metri) a favore della teoria complottista ed un'inversione per cui l'energia instabilizzante (potenziale) viene passata per energia stabilizzante (energia deformativa delle colonne). Il bilancio delle energie risulta quindi falsato.
  19. Un meccanismo d’attivazione che coinvolga una perdita totale ed istantanea di tutta la capacità portante su un piano, sufficiente a causare una caduta di 3.7 m in piena accelerazione gravitazionale, seguito da un impatto “pulito”, non è realistico.
  20. L'assunzione fatta all'inizio del modello di Gordon Ross (che non conosce l'instabilità dell'equilibrio per esempio) è proprio quella di non considerare il motivo per cui vi sia stato il cedimento del piano, ma di analizzare quanto avviene in seguito. Quanto discusso energeticamente per le fasi di crollo mirava a descrivere in modo giusto (in realtà erroneo) le fasi di collasso. Non si spiega come mai nelle conclusioni salti fuori di punto in bianco con queste affermazioni, che correlerebbero una trattazione successiva totalmente inutile a spiegare un'ipotesi del modello stesso, assunta come corollario per la verifica stessa. Questo è veramente paradossale.
  21. Le torri potevano essere ben descritte come una serie di molle e smorzatori, colpita da un' altra serie di molle e smorzatori (grande ma relativamente lenta e meno sostanziale).
  22. Dal punto di vista monoassiale in compressione ha ragione: il comportamento deformativo delle colonne è paragonabile a quello di una molla. Purtroppo l'energia di una molla non è l'energia potenziale, né formula similare, come già affermato in precedenti punti. Curioso che l'autore non si accorga di contraddirsi.

Aggiornamento 14-10-2007
Per comprender l'errore compiuto da Gordon Ross si può pensare ad un semplice sclerometro.
Se si vuole valutare la durezza di un blocco di acciaio, allora lo si carica con la corretta energia di deformazione (magari trovandola per piccoli aumenti di carico) e si valuta la tacchetta prodotta localmente per stimare con l'energia la capacità resistente.
Ora, secondo la logica utilizzata da Gordon Ross per stimare la sezione resistente nel momento dell'impatto di un piano sul successivo, con l'onda d'urto che si diffonde di piano in piano per X livelli (con opportuni coefficienti di compartecipazione), ci troveremmo nella situazione identica dello sclerometro.
Secondo Ross quindi poichè esistono vari strati di acciaio, e l'onda di carico si diffonde nel materiale, man mano che parti di questo compartecipano alla resistenza nel punto, lo sclerometro non dovrebbe mai creare delle tacche per misurare la durezza dell'elemento.

2007/01/02

Spazio per i commenti

di Paolo Attivissimo

Questo articolo è uno spazio a disposizione dei lettori di Undicisettembre per la pubblicazione di commenti, segnalazioni e correzioni. Per motivi di tempo, non sarà possibile rispondere a tutti, ma sicuramente tutto quello che scrivete verrà letto da noi.

Viste le esperienze passate, sono molto riluttante ad aprire questo spazio, ma credo sia un esperimento necessario per chiarire anche ai più cocciuti che dietro la scelta finora adottata non c'è alcun intento di censura, ma semplicemente il desiderio di evitare le inutili ondate d'insulti che hanno costellato gli altri spazi di discussione sul tema delle ipotesi di complotto.

Siate quindi civili; i messaggi di puro insulto e i trolleggi saranno cancellati, e se la percentuale di abusi supera quella dei messaggi, l'esperimento non si ripeterà. Saranno invece ben gradite le critiche anche sferzanti, purché costruttive. Se volete segnalare un dato, indicatene chiaramente la fonte.

Buona discussione.